Ritornando alla storia, nell’inverno del 1951, Umberto ed Ermelinda decisero di lasciare il locale ai due figli maschi, ritenuti ormai maturi per succedere al “decano”, Giuseppe e Mario, accettarono il “locale” in una cerimonia ufficiale con tanto di brindisi, baci, abbracci, e coppa rappresentante la successione; “Se son rose fioriranno”. E le rose fiorirono, tanto lavoro e soddisfazioni, in pieno boom economico. I fratelli Di Porzio lavorarono tutti insieme per modernizzare la gestione e la cucina del ristorante, adeguandola ai nuovi tempi fino al secondo dopoguerra e agli anni del boom economico. La collaborazione tra i fratelli Di Porzio durò fino agli anni ’70 quando rimasero nella gestione del locale solo Giuseppe e la moglie Maria con i quattro figli Linda, Lorella, Massimo e Roberta, che dividevano il loro tempo tra gli studi e il ristorante. Alla fine degli anni ’90 Giuseppe e Maria lasciarono definitivamente la gestione del locale ai figli, in continuità ancora una volta con la storia della famiglia.
Massimo, Lorella, Roberta e Linda hanno portato il ristorante nel nuovo secolo, adeguandone l’immagine, l’accoglienza e l’offerta culinaria ad una domanda divenuta sempre più attenta ed esigente. Il Duemila si è aperto con un crescente interesse per la cultura e le tradizioni gastronomiche, il miglioramento qualitativo del cibo, la necessità di riappropriarsi di beni gastronomici dimenticati, di rispettare la stagionalità dei prodotti della terra, di valorizzare la storia dei territori anche come contraltare alla globalizzazione. Una filosofia ed un approccio al cibo che il ristorante sposa in pieno. E la storia continua: si prepara già la quarta generazione dei Di Porzio, Luca, Lorenzo, James e Lio! Vediamo chi scriverà altre pagine di accoglienza a tavola!
Aneddoti Storici:
1) Il pane di sant’Antonio: 13 giugno: le giornate di solidarietà con pranzi nei locali del ristorante e distribuzione di doni ai bambini orfani di guerra e bisognosi. La distribuzione del pane di S. Antonio il giorno 13 giugno divenne un appuntamento mantenuto fino alla metà degli anni ’70, che prevedeva la distribuzione dei bollini stampati per l’occasione dalle parrocchie della zona titolo per prendere le pagnotte preparate su un banco in Vico Alabardieri.
2) La trafica del vino:
La tradizione, fino agli anni Settanta del ‘900, prevedeva che si svolgesse tra i commercianti napoletani e i massari gragnanesi la cosiddetta trafica del vino, la trattativa per l’acquisto del vino novello poi trasportato a Napoli in botti adagiate su grandi carri,” i traìni”. Ogni acquisto veniva naturalmente festeggiato con pranzi abbondanti e balli al suono di flauti e tammorre. E ogni anno, a fine ottobre, la famiglia Di Porzio organizzava una gita a Gragnano con le famiglie dei dipendenti per sancire l’acquisto del vino.
3) L’edicola Votiva in Vicoletto II° Alabardieri: fu realizzata dai coniugi Di Porzio nel 1935 e dedicata alla Madonna di Montevergine. Segnò un ulteriore legame della famiglia al quartiere. L’edicola fu restaurata ed abbellita nel 1950 in segno di ringraziamento per grazia ricevuta, nel ricordo della guarigione di Giuseppe da una grave malattia nel 1938, e per lo scampato pericolo nei bombardamenti del 1943.
Qualche Ospite Storico Illustre:
Il Principe Umberto di Savoia, ultimo re d’Italia per 40 giorni, con il suo seguito di alti ufficiali e bellissime donne di Corte andava a mangiare da Umberto dopo aver assistito agli spettacoli teatrali. Anche il calciatore del Napoli Attila Sallustro con la sua amica, l’artista di teatro Lucy d’Albert, finito lo spettacolo teatrale, tutte le sere mangiava nel ristorante. Si disse che il principe Umberto fosse attratto da Lucy d’Albert e per questo andasse spesso al ristorante sperando di incontrarla.
Renato Caccioppoli, il matematico napoletano uomo taciturno e di grande complessità, abitava a pochi passi da via Alabardieri, a Palazzo Cellammare in via Chiaia e per diversi anni è stato cliente assiduo quasi sempre solo ma anche, talvolta, in tavolate con altri scienziati come testimonia una delle foto esposte nel ristorante.
Eduardo De Filippo nacque nel quartiere di Chiaia, dove aveva la casa il padre Eduardo Scarpetta, e conosceva la cucina di Ermelinda fin da ragazzino. Famosi i siparietti tra Umberto ed Ermelinda quando si mandava la cena al teatro Sannazaro dove si rappresentava Natale in casa Cupiello. Se il cibo ritardava di qualche minuto, si sentiva Eduardo gridare: “Ma arriva o nun arriva stu poco ‘e magnà?” e tutti andavano nel panico sapendolo esigente e piuttosto irascibile. Ma anche negli anni successivi Eduardo fu spesso a cena nel ristorante, dove preferiva sedersi sempre allo stesso tavolo dietro le tende, per osservare le persone in silenzio da uomo schivo e riservato.
Indro Montanelli, ospite del direttore del Mattino, Giovanni Ansaldo, cenava da Umberto e amava l’aperitivo formato da una mollica di parmigiano e un bicchiere di buon Porto. Si esibiva in apologie ironiche del Duce creando un’atmosfera da salotto intellettuale.
Lo spettacolo Rinaldo in Campo a Napoli portò nel 1961 Domenico Modugno, Delia Scala, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia ai tavoli di Umberto.
Nel Capodanno del 1964, invece, ai tavoli del locale si trovò un giovanissimo ma già famoso Gianni Morandi con Laura Efrikian che sarebbe poi diventata sua moglie. Con semplicità e allegria, Morandi quella sera fu l’animatore della serata cantando e ballando, riuscendo a trascinare tutti gli altri clienti in sala in un serpentone (oggi si direbbe un “trenino”) che attraversò il locale per poi arrivare a piazza Dei Martiri.
Il vignettista George Wolinsky, ucciso nella strage di Charlie Hebdo del gennaio 2015, che pochi mesi prima della sua morte aveva partecipato al Comicon (manifestazione della quale Umberto è partner sin dalla prima edizione), mangiò da Umberto e rimase così soddisfatto dalla cena organizzata per l’occasione da regalare al ristorante una sua vignetta.
Sono solo alcuni degli ospiti che giornaliermente ospitiamo da Umberto.