La Pizzeria Capasso a Porta San Gennaro
Quando incontriamo Gianni Capasso, figlio di Don Vincenzo Capasso che, vi ricordiamo, all’età di 90 anni è il pizzaiolo più anziano di Napoli e che fino a qualche anno fa era ancora sul banco ad ammaccare le sue pizze, ci accoglie con un libro scritto dallo storico Antonio Mattozzi, “Una storia napoletana. Pizzerie e pizzaiuoli tre Sette e Ottocento”.
Da quando nel 2017 la sua famiglia con la sua Pizzeria è entrata a far parte dell’Unione Storica delle pizzerie napoletane, Le Centenarie, è iniziata la sua ricerca spasmodica e continua tra carte, documenti e testi. Una ricerca della presenza dei Capasso, in realtà Cafasso – il cognome fu durante la discenda cambiato per un errore di un dipendente dell’anagrafe che scambiò una F per una P – nella storia della Pizza e dunque nella storia della nostra città.
La prima cosa che notiamo durante il nostro live insieme al figlio Vincenzo, giovane, ultima generazione attivo al banco e nella gestione della Pizzeria, accompagnato e istruito nel mestiere ogni giorno dal nonno Vincenzo, è una scritta su uno dei pilastri dell’entrata risalente all’800: PIZZE FRITTE.
“Questa scritta è stata sin dall’inizio un mistero per noi – dice Vincenzo – perché ci chiedevamo scrivere sul pilastro Pizze fritte e non pizze? Cosa caratterizzava la nostra famiglia e chi ha lavorato nel nostro locale prima di noi?”
Un enigma, questo, sciolto di recente. Fino alla fine del 1800 il pizzaiolo veniva definito “friggitore” perché fino ad allora non esistevano le pizzerie come adesso le conosciamo ma i locali erano dei laboratori, delle botteghe dalle quali partivano i venditori ambulanti per vendere le pizze alle porte della città. Quella scritta è ancora lì, tutelata dalla Sovrintendenza: a testimonianza di una storia che si intreccia con il presente in una continuità di mestiere e passione che ha tenuto viva un’attività per più di un secolo. Nel nostro viaggio alla Pizzeria Porta San Gennaro tra foto storiche e la stampa di un albero genealogico che traccia i legami e la discendenza di questa famiglia di tutti pizzaioli, saliamo anche al piano di sopra, dove Vincenzo ci mostra fiero quello che considera “un piccolo tesoro”. Sono gli attrezzi antichi del mestiere: pentoloni per friggere antichissimi, una pala per infornare che ha quasi 100 anni, ciotole antiche e foto storiche. Su questo stesso primo piano dove ora ci sono due sale, vivevano le generazioni precedenti dei Capasso. I pizzaioli facevano “casa e puteca” perché non c’era nemmeno il tempo di andare a riposare. Intere famiglie con bambini, zie, nonne e madri, vivevano in questi stessi ambienti, mangiando pizze e sporcandosi di farina.